domenica 30 settembre 2012

La valigia dell' attore

Solitamente, nell'organizzare un viaggio, si dispone di poche certezze. Un bagaglio non troppo pesante, una macchina fotografica, qualche soldo (caso mai dovessero servire) ed i punti A e B. Dove (beate convenzioni) per A s'intende il punto di partenza e B diviene quello d'arrivo.
Lecito chiedersi se questo percorso, che prenderà il via lunedì 1 ottobre 2012 (segnatevi questa data... Maya permettendo potrebbe diventare importante), possa essere considerato un viaggio.
Cominciamo dalle certezze. C'è una valigia. Fatta di cartone. Segnata dal tempo. Dal peso di tutto ciò che c'è dentro. Dalle mani che l'hanno stretta. Dalle storie che ha raccontato e che, ancora, custodisce gelosamente. La seconda certezza è quel famoso punto A. In questo caso le coordinate sono spaziotemporali (con buona pace degli amanti del genere SciFi). Abbiamo un orario, un luogo ed un'idea di come riempire quei granelli di clessidra che scivoleranno verso il basso per due ore.
Passiamo alle incognite. Bypassiamo la storia dei soldi. Quando sei artista non per mestiere, ma per vocazione, cancelli automaticamente da libri, quaderni, vocabolari e cervello quella parola. Quasi fosse intrisa di un significato blasfemo dal quale è meglio star lontano. Aggiungiamoci la totale assenza del punto d'arrivo. O meglio... la volontà di rendere quel punto d'arrivo quella meta che, tutti noi, abbiamo sempre cercato. E poco importa se si ricorrerà alle convenzioni. Shangri-La, l'Isola che non c'è, Hogwarts. O magari Gotham City (ci tocca, con amarezza, confermare che questo posto non esiste... almeno per ora).
In uno stato di perfetta equità, si parte. Carichi d'entusiasmo, d'esperienze da condividere, di voglia di confrontarsi e confrontare la propria storia con altri individui uniti da quella maledetta passione che è il teatro.
E poco importa se ci sarà da vincere la diffidenza, la crisi e chissà quanti altri problemi che nasceranno. Se non ci sono ostacoli non si tratta d'un viaggio. Ma di una banale passeggiata. Una di quelle che si fanno durante un'assolata domenica mattina. Con occhiali da sole, finestrini aperti e musica a tutto volume. C'è chi preferisce godersi il vento sulla faccia affacciato ad una terrazza. Col caffè ancora caldo e l'ennesimo appunto da segnare su quello che diverrà il diario di bordo di quest'avventura. Ecco... forse il termine è proprio quello. Un'avventura.
Di quelle da vivere con tutta l'energia di cui disponi. Ad ampie sorsate e, talvolta, col cuore in gola. Una di quelle che ti porterà, un giorno, a raccontare di quella volta in cui sei salito sulla scena. E mai te lo saresti aspettato. Aneddoti. Storie. Di quelle che, magari, finiscono in una valigia. Consumata dal tempo. Dalle mani che l'hanno afferrata. Dal peso delle storie che ci finiscono dentro.

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